Una chiacchierata con… Giovanni Allevi

WP_20150710_019Giovanni Allevi ad Expo Milano 2015, ospite del padiglione di Casa Corriere, intervistato Andrea Lanfranchi, racconta un pò di se, un pò della sua musica, e un pò del suo immediato futuro.

Un’atmosfera familiare e amichevole accompagna le domande del giornalista, accompagnate dai sorrisi e dalle risate del pubblico che si diverte ad ascoltare le battute e le parole del compositore, musicista, direttore d’orchestra e chi più ne ha più ne metta.

C’è addirittura il tempo per una mia domanda…

WP_20150710_016Dal pubblico un ammiratore gli chiede “ma qual è il ruolo che preferisci?” e lui risponde dicendo che tutto nasce dal ruolo del compositore perchè racchiude in se tutto l’amore per la musica e tutto ciò che nasce da dentro.

Reduce dal suo tour in Giappone, fortunatissimo tour, Giovanni racconta delle atmosfere asiatiche, dell’amore che i giapponesi gli hanno dimostrato, della grande passione e del grande calore che ha trovato in questo paese, appassionato non soltanto alla sua musica, ma all’arte in generale e molto attento al gusto artistico.

WP_20150710_001Le domande di Andrea Lanfranchi hanno svariato dall’oggi al domani, dal domani al passato, dai suoi inizi a ciò che lo aspetta nel suo prossimo tour: un grande impegno tra concerti con l’orchestra a quelli per piano solo, con l’aggiunta di pezzi dei suoi primi album, che sono sempre e comunque nel suo cuore.

Ma è il pubblico il grande protagonista dell’incontro: incalza Giovanni di domande, tecniche e non, curiosità e aspetti filosofici sulla musica e sulla sua vita. C’è, infatti, il suo “paesano” che gli chiede: “Da dove è arrivata questa tua passione? In una famiglia di musicisti era facile essere indirizzati verso la musica“. Giovanni ha così risposto: “Da bambino ricordo che ero affascinato dal pianoforte, e come un bambino che cerca la cioccolata nello scaffale più in alto, io cercavo la chiave del pianoforte per toccarlo e suonarlo, ma sicuramente la mia famiglia è stata fondamentale per il mio inizio musicale“.

WP_20150710_006E ancora, un altro ragazzo gli ha chiesto: “Ma come si fa a diventare famosi? All’inizio come hai fatto a sfondare con la tua musica?” Ed ecco la risposta che ti spiazza: “Ma io ai numeri non c’ho mai pensato, figurati che ai miei concerti, all’inizio c’erano a malapena 4-5 persone. Il mio primo, fu a Napoli e mi ricordo i nomi di tutte e 5 le persone che c’erano, in particolare la signora Giuditta, ancora oggi mia grande fan. Tra l’altro queste 5 persone erano amici dell’organizzazione, seduti in seconda fila perchè si vergognavano di stare davanti a tutto (risate del pubblico) e all’inizio del concerto mi dicono “ma se vuoi, puoi anche non suonare” (altre risate). E allora cosa serve pensare ai numeri?!? Oggi c’è questa corsa ai numeri, questa estrema attenzione al vendere e al vedere folle oceaniche, ma l’arte non è questo, l’arte è emozionare anche una sola persona. Quando sei riuscito ad emozionare anche una sola persona, hai fatto qualcosa di grande. Quello è il tuo successo…” (applausi)

Poi Lanfranchi gli chiede un pò qual è il suo modo di prepararsi ai concerti e lui risponde raccontando prima che è importante l’allenamento fisico per reggere un concerto e un tour (palestra, tapis roulant) e poi racconta la sua giornata-concerto: colazione, riunione con lo staff, accordatura del pianoforte, pranzo di gruppo, sound-check dalla prima all’ultima nota del concerto, confronto con tecnici audio, accordatore, video, luci, poi camerino, cena frugale ed ecco che si aprono le porte del teatro e lui parte verso il suo mondo fatto di note, emozioni e passione.

Ed ecco che, arriva un’altra domanda, sempre dal pubblico, la mia…

Mi chiamo Marco e sono di Salerno. Premetto che ho cominciato a scrivere musica grazie a te e conoscendo la tua musica, ma perchè oggi varrebbe la pena suonare? Cosa c’è di grande nella musica?

WP_20150710_020La domanda lo lascia un attimo sospeso, forse sta pensando “che domanda strana“, poi, guardandommi dritto negli occhi, mi dice: “Innanzitutto, Marco, ti parlo da collega, e ti dico che tutto ciò che è tuo, vale la pena di essere suonato, perchè l’emozione che provi tu nel suonare qualcosa che viene da dentro di te, non ha eguali, non ha niente di simile, è tuo, tu mostri te stesso a chi ti ascolta, tu suoni te stesso, quindi bisogna suonare per mostrare chi siamo veramente, per dire che noi abbiamo emozioni, perchè la grandezza della musica sta proprio in questo: mostrare la propria anima…”

Ovviamente, grande è l’emozione che hanno suscitato in me queste parole, tanti i pensieri che si sono affollati nella mia mente, con il cuore che mi batteva forte perchè erano le parole che mi aspettavo di sentire, erano le parole di cui avevo bisogno.

L’incontro si conclude con i saluti di rito e tutti che “invadono” Giovanni Allevi alla ricerca di un’autografo e una foto. Io mi avvicino cautamente, lui mi vede e mi chiama “Marco, vieni qua, fatti salutare” e nel mio grande stupore ecco che parte il selfie di rito e l’ennesimo autografo. Lo ringrazio e lo saluto, arricchito dalla sua spontaneità, dalle sue emozioni, dalle sue parole e da ciò che hanno suscitato in me.

WP_20150710_019Cosa posso aggiungere, forse nulla perchè le sue parole sono così forti e piene da non aver bisogno ne di commenti ne di aggiunte. Ringrazio Giovanni per il suo essere sempre così: uno strambo musicista.

GRAZIE GIOVANNI!!!